DI MARI E NAVIGANTI... L'IMPORTANZA DI FERMARSI. - ADD Italia ADD Italia

DI MARI E NAVIGANTI… L’IMPORTANZA DI FERMARSI.

Nel corso della pratica mi è capitato tante volte di trovarmi di fronte a ostacoli apparentemente insormontabili: per anni ho provato e riprovato salti che non riuscivo a chiudere, e per anni ho pensato che quei salti, quegli ostacoli, fossero in realtà il mio limite assoluto, oltre il quale era impossibile andare.

Questo status mentale, questo blocco che mi sono imposto, mi ha portato a due conclusioni: la prima è che non mi sono bloccato, ma sono andato avanti imparando e provando nuovi movimenti; la seconda è che col tempo ho messo sempre meno in discussione i miei “ limiti assoluti” , fino a non riprovare più quei movimenti che all’apparenza erano impossibili. Ero sconfortato anche soltanto a pensare di riprovarci. “Perché tanto è inutile, perché tanto non ci riesci”, mi diceva la vocina malvagia nella mia testa.

Fortunatamente non l’ho ascoltata molto e il tempo è stato un vecchio amico fidato: mi ha dato le risposte che cercavo non nel momento in cui ne avevo bisogno, ma nel momento in cui ero pronto a comprenderle. 

Mi viene in mente una frase di Shakespeare: “All things are ready, if your minds be so.” (“Quando la tua anima è pronta, lo sono anche le cose”); ed è vero.

Non soltanto il mio corpo non era pronto, ma neanche la mia mente.

Ho sempre visto l’Art Du Déplacement come un grande e vastissimo mare: ogni navigante intraprende il proprio viaggio sulla base delle proprie capacità. È un mare a volte buono, a volte molto severo, ma che ti lascia sempre una lezione; è un mare che comprende, ma a volte non ammette sbagli, perciò bisogna essere sempre attenti.

Penso che il nostro corpo sia l’imbarcazione, e la nostra volontà, la nostra anima, il nostro impeto interiore sia il navigante. Ogni navigante è a se stesso in questo mare, e ogni navigante è pronto quando sa di esserlo.

Eppure, proprio quando non credevo di essere pronto, quello che credevo essere il mio “limite assoluto” si è ripresentato alla mia porta.

L’allenamento, la pratica, il continuo migliorarsi su ogni aspetto, tutto ha portato all’accogliere quei limiti, superarli, e crearne di nuovi.

E così il movimento diventa un continuo creare, fermarsi, creare ancora, senza smettere di muoversi.

Ed è proprio questo continuo mutare che io credo sia il nucleo della mia visione della disciplina: ho imparato a dare importanza al tempo, a dire “oggi non è andata bene, andrà bene domani”, senza mai rimandare. E se domani non va bene allora andrà bene il giorno dopo ancora, e ancora, e ancora. E se ancora non va bene è okay, si va avanti, senza mai dimenticare cosa si è lasciato indietro, perché tanto viene a cercarti.

Imparare, muoversi senza mai dimenticare.

Perché alla fine il navigante è soltanto un bambino che ha voglia di giocare.

Pasquale Marchitelli

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